Da adolescente si sfoggiano teschi e borchie come simbolo di ribellione al conformismo della società. Da “grandi” diventano l’ennesimo accessorio fashion da sfoggiare sul polso e sulle scarpe tacco dodici. Se negli anni ’70 le giacche di pelle ed i capelli sparati in aria erano il simbolo di appartenenza ad una generazione che amava il rock’n’roll puro e duro, nel XX secolo si sborsano fior di quattrini per averne un chiodo firmato Balmain con cui andare dal parrucchiere a farsi acconciare per bene la cresta. Nascono intere collezioni di gioielli con croci e spuntoni, mentre una volta si dovevano cercare ai mercatini o ricavare da quello che si aveva sotto mano. Cambiano i tempi, tutto si commercializza e perde l’originario significato. Si fa la collezione dei tatuaggi, si stampano t-shirt con testi di canzoni sconosciute ai più, si fuma per fare branco: gesti banali, quotidiani quasi, che solo 30 anni fa destavano scalpore e scandalo tra i benpensanti. Eppure, a volte, mi capita ancora di trovare un inaspettato dettaglio punk, nel bel mezzo dell’oufit più banale, visto e rivisto mille volte, e mi ritornano in mente Nancy e Sid, nelle loro notti folli, ubriachi d’amore e di birra, ignari del fatto che avrebbero segnato un’epoca. Perché il punk è un errore, un dettaglio sbagliato, una svista nell’accostamento dei colori, ma che esprime tutta la nostra personalità. Un gesto ironico, semplice ma efficace, che ha la capacità di farci sentire diversi da tutti gli altri, dalla massa. Un dettaglio che sembra urlare: “Questa sono io che vi piaccia o no”.
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Fashion, what else?
28 Maggio 2011 at 13:30Questo post è stupendo e io amo i dettagli punk! =D